Il futuro delle inserzioni e della misurazione con Filippo Trocca di Datrix AI Solution Groups

 

Si parla tanto di privacy sul web, eppure in realtà se ne sa ben poco. Non esiste al momento una definizione unica su cosa sia la privacy. Ad esempio, per la GDPR (General Data Protection Regulation) è un diritto imprescindibile dell’utente, e per raccogliere qualsiasi dato è necessario chiedere il consenso. Per le Big Tech, invece, è il ring infuocato su cui si sta combattendo un match lungo e faticoso per capire come continuare a raccogliere dati sugli utenti a fine di fare advertising. 

Quello che interessa maggiormente oggi è riuscire a definire una volta per tutte il concetto di privacy. Raggiunto questo traguardo, e non prima di allora, riusciremo a capire quale sia il modo migliore per raccogliere e usare i dati degli utenti per fare advertising. 

Abbiamo quindi chiesto a Filippo Trocca, Chief Innovation Data Officer di Datrix AI Solution Groups, di aiutarci a capire meglio alcuni punti fondamentali su cui molti si interrogano. 

Puoi guardare e ascoltare l’intervista integrale o, se preferisci, puoi leggere cosa ha detto Filippo Trocca nei paragrafi che seguono.

Cos’è la privacy

Filippo Trocca chiarisce che il concetto di privacy non è chiaro o univoco. Non esiste a oggi un’unica definizione di privacy.

Per la GDPR, privacy equivale a chiedere agli utenti il permesso di gestire i propri dati per non ledere un diritto. Invece, in ambito commerciale, per la CPA (Consumer Privacy Act) è un elemento di business, per questo il cliente può chiedere la cancellazione dei dati, ma è comunque possibile raccoglierli. Se non si affronta l’argomento stabilendo un intento comune, definendo chiaramente cos’è la privacy, anche legiferare e ideare tecnologie che la rispettino sarà difficile. 

Raccolta e uso dei dati per l’advertising 

Trocca spiega che sarà quasi impossibile poter identificare il percorso utente su più proprietà, siano esse siti o App. Verranno infatti bloccati i third party cookies, che sono alla base del concetto di advertising fin qui conosciuto. I third party cookies non sono altro che piccoli file di testo che vengono salvati, mentre navighiamo, su un sito terzo come ad esempio Facebook, tracciando quello che è il percorso tra un sito e l’altro da parte dell’utente, utilizzando poi questi dati per fare advertising. Con l’avvento della “post-cookie era” questo non sarà più possibile. Non potremo più conoscere nel dettaglio a cosa è interessato un utente, incrociando dati di navigazione raccolti su siti diversi. 

Google e Apple hanno già bloccato i third party cookies. Firefox invece ha lanciato un aggiornamento che gli permette di raccogliere solo i dati sul singolo sito. 

È evidente che le varie interpretazioni e scelte diverse, sono il frutto dell’imprecisione che ruota attorno al tema privacy, del quale non esiste ancora un concetto chiaro e definito. 

Il futuro dell’advertising 

Sicuramente, conferma Filippo Trocca, sarà più difficile avere dei dati con l’abolizione dei third party cookies. Questo però non sarà un problema per gli advertiser, ma per le aziende che sviluppano le piattaforme su cui facciamo campagne. Per questo la discussione è molto accesa e viva.

Google per risolvere il problema ha proposto la sua Privacy Sandbox, che raccoglie tutti i dati, in particolare gli interessi con Topics API. IAB USA sta testando le Seller Site Audience, tramite le quali i publisher, o comunque un sito internet, potranno creare le proprie audience. Sicuramente avremo interessi diversi rispetto a quelli attuali. Potremo comunque fare advertising in maniera simile, con segnali e indicazioni diversi. 

Come cambia la misurazione

Questo è il problema più grosso. Non sarà più possibile misurare seguendo l’utente nei vari siti e App sui quali naviga. Sono però in fase di sviluppo nuove tecnologie che ci verranno in soccorso. Tecnicamente le cose si complicheranno e serviranno conoscenze più avanzate. Le aziende dovranno introdurre figure nuove in grado di gestire le novità. 

Come salvaguardare la privacy dell’eCommerce di un Brand

Relativamente all’utente di un eCommerce, spiega Trocca, dovremo sempre chiedere il consenso per raccogliere e usare i dati. Dovremmo quindi sempre implementare una Consent Management Platform. Tuttavia, sarà fondamentale soprattutto sapere usare i dati proprietari dell’eCommerce, ossia i first party data. A quel punto dovremo essere bravi ad aver raccolto il consenso quando l’utente naviga e quando lascia i dati sul CRM (Customer Relationship Management), per poi essere capaci di analizzarli rispettando il consenso ottenuto. Altrimenti si rischia di finire nel mirino del Garante della Privacy.

Oggi un eCommerce deve concentrarsi sul come raccogliere prima di tutto il consenso. Diventa fondamentale poi saper lavorare bene sui first party data. Lo scopo è di iniziare a creare all’interno delle aziende le conoscenze per poter gestire al meglio i dati. Fino a oggi ci siamo affidati a terzi quali Google e Facebook, che lo facevano per noi. Quel tempo è finito. Sta a noi adesso occuparcene. 

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